mercoledì 2 dicembre 2009

LA NUOVA FACCIA DELLA SVIZZERA

Segnale preoccupante dalla terra della neutralità per quel che riguarda i rapporti con il mondo musulmano. In Svizzera, paese da tempo emblema di coabitazione pacifica tra culture, lingue e religioni diverse, attraverso un referendum (ed una maggioranza del 57,2%), si mette fine alla costruzione dei minareti, luogo simbolo della preghiera islamica. Non verranno colpite le moschee e i quattro minareti esistenti, ma il bando modifica la Costituzione e mette fine, a differenza di quel che si pensava alla vigilia del voto ed era stato preannunciato dai sondaggi, all'edificazione islamica nel territorio. Promosso dagli ambienti della destra nazional-conservatrice, in particolare dall'UDC (Unione Democratica di Centro), attraverso slogan quali "no all'islamizzazione della Svizzera" e sostenuto da svariate campagne di terrore, risulta per il momento difficile misurare la portata di un cambiamento simile. Le ragioni alla base di tale proposta sono state quelle di sedare la rivendicazione politico-sociale dell’Islam e non di intaccare la libertà di culto, tanto che, a detta dell’Esecutivo, “i musulmani potranno continuare a osservare il proprio credo religioso praticandolo individualmente o in comunità” e che “il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi”. Sarà proprio l’Esecutivo, spiega il Ministro per la Giustizia svizzero, a dover spiegare ai musulmani presenti all’interno della società come questo non sia un voto contro la religione islamica ma contro la costruzione di minareti come edifici. Certo è che l’esito della volontà popolare suscita qualche dubbio, in primo luogo perché non prende in considerazione gli effetti sull’export verso i paesi islamici e sul turismo, quindi il lato puramente economico della vicenda; in secondo luogo perché mette in discussione la stessa convivenza tra culture diverse stabilite sul territorio. “Non è la mia Svizzera” è stato invece il grido delle centinaia di manifestanti che hanno esibito la loro indignazione, lungo le strade di Berna e di Zurigo, e che si accompagna alla delusione dei musulmani in tutta la Svizzera. Le reazioni in Italia sono state differenti: da una parte la Lega Nord esulta, in modo compatto, per il risultato del plebiscito e lo commenta attraverso Borghezio e Castelli: "la selva dei minareti, oggi pericolosamente simbolo della minaccia terrorista islamistica più che luogo di preghiera, non cambierà il paesaggio dell'antica patria del federalismo e della libertà, Svizzera 'forever' bianca e cristiana!", “credo che la Lega Nord possa e debba nel prossimo disegno di legge di riforma costituzionale chiedere l'inserimento della croce nella bandiera italiana". Dichiarazioni che hanno trovato, nella stessa coalizione, il favore di molti e la “contrarietà” di pochi, come ad esempio il Ministro La Russa. Dall’altra non sono d’accordo gli ambienti della Chiesa, i quali si trovano, secondo le recenti dichiarazioni, “sulla stessa linea dei vescovi svizzeri” che ieri hanno espresso forte preoccupazione per quello che hanno definito "un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione”. Preoccupazione e allarme anche da parte dell’ONU, del Consiglio d’Europa e della Commissione UE che, dopo l’analisi del bando e dei manifesti discriminatori che lo accompagnano, stanno esaminando gli effetti che questo può avere in termini di violazione dei diritti umani e delle libertà di culto. “Se da un lato questa decisione riflette le paure della popolazione svizzera e dell'Europa, nei confronti del fondamentalismo islamico, dall'altra, mentre non aiuterà ad affrontare le cause di questo fondamentalismo, è molto probabile che incoraggi sentimenti di esclusione e approfondisca le spaccature all'interno della nostra società. Sono contrari ai valori di tolleranza, dialogo e rispetto per chi professa un altro credo, valori da sempre sostenuti con forza dal Consiglio d'Europa, che come istituzione rimane pronta ad aiutare i propri Stati membri a far fronte alle sfide che emergono dalle diversità all'interno delle società europee.” Lungi dal voler intervenire sulle decisioni degli Stati sovrani, anche la posizione della Commissione Unione Europea ha preso le distanze dalla decisione ed ha sottolineato come sia compito di Bruxelles spingere verso una sempre più ampia libertà di religione all’interno degli Stati. Unanime anche la condanna da parte della stampa svizzera, secondo cui questo voto è l’espressione della paura, della semplificazione, dei fantasmi, dell’ignoranza. Tutta l’iniziativa potrebbe, in qualche modo, avere delle gravi ritorsioni sulla pacifica convivenza e aprire a delle vere e proprie vendette e boicottaggi, minando l’immagine di tutta la Svizzera multiculturale. Dalle pagine dei quotidiani arrivano anche amare critiche al Governo, accusato di non essersi assunto le sue responsabilità su un tema così delicato e di averlo lasciato all’impossibile saggezza popolare, ed alla Chiesa, che nonostante le posizioni non si è dilungata sulla questione come ci si aspettava che facesse.

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