lunedì 1 agosto 2011

VERSO LO SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GIUNTA CAPPELLACCI. RELAZIONE PER L'ASSEMBLEA DEI COORDINAMENTI GIOVANILI DI CGIL, CISL, UIL.

Esiste un ingiustizia che ha raggiunto livelli che non sono più tollerabili. A guardare i numeri della crisi, numeri dolorosi, che sono stati evocati anche oggi dalla relazione introduttiva, non possiamo non renderci conto che questa crisi l’hanno pagata soprattutto i giovani. Perché quando il lavoro non c’è, o è precario, quando il reddito è insufficiente o addirittura assente, si diventa cittadini a metà. Esiste una generazione in Sardegna a cui non è garantita la cittadinanza, il reddito e il lavoro. Una generazione di non garantiti spremuta e sprecata. Spremuta perché sfruttata fino all’eccesso dalla riduzione progressiva dei diritti, e sprecata perché c’è una fuga continua, di capacità, di saperi e di conoscenza verso l’estero. E non è vero che le giovani generazioni ignorano la politica, disertano i sindacati e non sono capaci di farsi spazio nelle imprese e nelle università.

Bisognerebbe uscire da quest’immagine insopportabile, da questa rappresentazione retorica, paternalistica, autoritaria di chi individua un intera generazione come una generazione di bamboccioni. La categoria che rappresento, quella del sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori della comunicazione, è una categoria che quotidianamente è in prima linea nell’intercettare necessità e bisogni in una società frammentata che cambia sempre più velocemente. I call center storicamente hanno rappresentato una sfida per le organizzazioni sindacali. Da Sky, ad H3g e Comdata, fino ad arrivare alla galassia dei meno garantiti outsourcers. La sfida delle organizzazioni sindacali, oggi, è come organizzare chi non ha potere. Una sfida determinata da come far scoprire a chi pensa di non avere potere che invece c’è l’ha. Perché è con quel potere che possiamo costruire cambiamento, pezzi di società nuova e strappare la possibilità di una vita migliore. Ed è facendo sindacato in contesti anche ostili all’azione sindacale che ci siamo accorti che i giovani sardi non vogliono più vivere in un Isola delle disuguaglianze. Dove la crisi continua a creare nuovi poveri con la stessa progressione con cui genera la perdita continua dei posti di lavoro.

Sono convinto che sia possibile misurare la buona politica di una regione come la Sardegna dalle risorse e dagli strumenti che mette in campo per costruire politiche del lavoro efficaci ed efficienti che contrastino la disoccupazione e l’inattività giovanile. Ebbene, leggendo i dati e i numeri dei lavoratori parcheggiati a casa siamo ancora lontani dal dire che questo governo regionale sta attivando delle buone politiche. Se pensate possa rappresentare un dramma un lavoratore di 50 anni in cassa integrazione, credo, che un giovane sotto i 30 anni che si ritrova parcheggiato a casa in cassa integrazione, rappresenti invece la più grande vergogna e la più grande sconfitta di un popolo e della sua classe dirigente. Per questi motivi la rivendicazione di un piano straordinario del lavoro con al centro le nuove generazioni, non è solamente un suggerimento di una ricetta per uscire dalla crisi, ma è una conquista di civiltà di tutti i sardi. Una scelta strategica così importante e fondamentale, che può modificare la realtà sociale ma solamente se lo si fa in un ottica di confronto e condivisione delle scelte.

E una giunta regionale che diserta il confronto sindacale è una giunta regionale miope. Che probabilmente ha più interesse a una propria sopravivenza politica che a un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini sardi. E come se non bastasse abbiamo un governo nazionale che ha sviluppato una manovra finanziaria antisociale, che aumenta le disuguaglianze, che non prevede nessuna forma di sviluppo per il lavoro delle giovani generazioni. Una manovra che acuisce lo scontro tra i lavoratori garantiti, che hanno accesso a un lavoro sano, sicuro, a tempo indeterminato, e legato anche alle specificità del territorio e coloro che invece hanno accesso a situazioni precarie, intermittenti e non garantite. Una manovra che colpisce il lavoro, le famiglie, i ceti più deboli. Aumenta le tasse a chi già le paga e non ha il coraggio di toccare le rendite e i privilegi. Il progetto dei coordinamenti dei giovani di Cgil, Cisl e Uil parte oggi e dovrà avere come obbiettivo quello di dare strumenti pensati e pensanti alla costruzione di potere attraverso l’aggregazione orizzontale di gruppi, coalizioni e movimenti giovanili che vadano anche oltre l’attività sindacale. Dovrà essere un progetto volto anche alla mobilitazione e alla affermazione dei diritti dei lavoratori sfruttati, del riconoscimento dei diritti delle minoranze discriminate e dei territori marginalizzati. Ci troviamo di fronte alla fine della partecipazione spontanea. Per questo motivo un obbiettivo può essere quello di  “organizzare la partecipazione” superando il confitto tra i garantiti e i non garantiti. Da qui il sindacato ha una funzione primaria e importante. Possiamo organizzare i disorganizzati.

Non solo in termini politici ma anche fisici. Le nostre organizzazioni devono aprirsi “fisicamente”. Aprire le sedi a quella galassia di movimenti di cambiamento sociale che ruotano attorno alla società civile. Esistono quartieri attorno alle nostre sedi sindacali dall'incomunicabilità assoluta. Atmosfere invivibili in assenza di spazi di socialità di cultura, di aggregazione, con un urbanistica talmente invasiva che gli stessi inquilini di un palazzo non riescono a comunicare tra loro. E c'è l'esempio di un quartiere di Catania, Librino, dove la Cgil ha aperto le porte della sua sede e si è trasformata in pochi mesi da soggetto che eroga solo servizi a soggetto di cittadinanza attiva. I cittadini di questo quartiere, da alcuni anni, non si avvicinano più alla Cgil di Librino solo per la dichiarazione dei redditi o la lettura della busta paga, ma si avvicinano perché ci vedono come un soggetto che produce processi si trasformazione sociale e cambiamento dell'ordine delle cose esistenti. Si avvicinano al sindacato perché vogliono vivere senza la spazzatura ai bordi delle strade, perché vogliono migliorare le aree verdi, perché vogliono ribellarsi alla quotidianità dell'esclusione sociale e dell'emarginazione.

E allora anche noi possiamo costruire spazi plurali di partecipazione. Luoghi di reciprocità e di scambio tra chi lotta per l'affermazione dei diritti sociali e collettivi dei lavoratori e chi lotta per la difesa dei diritti civili e le libertà individuali. A partire dai precari, dai migranti, dal movimento Glbt, da chi difende il diritto all'informazione senza bavaglio, e da tutti coloro che ogni giorno combattono il disagio sociale, la mercificazione dei beni comuni, a svendita della cultura e dalla conoscenza. In Sardegna, i coordinamenti giovanili di Cgil, Cisl e Uil possono divenire un luogo di aggregazione e connessione di tutte le realtà che vogliono trasformare la rabbia in cose concrete. Cose migliori di quelle che vediamo e che viviamo.

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