mercoledì 7 settembre 2011

GIRO DI PADANIA E NAZIONALISMI EUROPEI


Ho sempre trovato una particolare empatia per le iniziative della Lega Nord.

Si è vero lo ammetto e non me ne pento, ho sempre provato empatia, un’empatia quasi adolescenziale: come quella che, da ragazzo, provavo per un amico che, emancipandosi prima di me, riusciva a ribellarsi con i propri genitori. Poi, anch’io diventai ribelle, ma questa è un’altra storia.

Questa simpatia nasce considerando i contenuti dell’annuale appuntamento di Pontida, o l’acceso simbolismo, quasi divino, intrinseco nel prelievo dell’ampolla d’acqua del Po, o dalle lacrime della vincitrice di “Miss Padania” e dagli abbracci che essa riceve dalla seconda classificata, sino ad arrivare agli appuntamenti della squadra “nazionale” di calcio della Padania.
A volte immagino che se la Lega non occupasse importanti posti in Parlamento e nel Governo, potrebbe trovare grande giovamento nel gestire qualche pro loco, se non altro per la loro brillante iniziativa in tema d’intrattenimento popolare, più o meno apprezzato ma soprattutto più o meno condivisibili se visti nel rispetto di quei 150 anni della nostra italica unità. 

Ironia a parte. L’ultima invenzione del gruppo di Bossi, e del suo delfino, il Trota: sempre più simbolo di quest’Italia nepotista e anti-meritocratica; è partita oggi dalla provincia di Cuneo e si chiama il “Giro della Padania”.

A doverla dire tutta, sono sempre stato appassionato di ciclismo, a prescindere dai dubbi legati al doping.
Trovo tanto piacere nel vedere un lungo serpentone di corridori che si destreggia tra le vie di una cittadina o si misura, a colpi di pedalate e visi fradici di sudore, arrampicandosi in cima a una salita. Inoltre il ciclismo ti permette di apprezzare la bellezza del paesaggio, ecco forse è questo che più mi piace del ciclismo.

Tuttavia, oggi non sono rimasto ad ammirare le verdi valli piemontesi. Oggi ho riflettuto su una cosa in particolare, ma andiamo con ordine: uno dei populistici cavalli di battaglia della Lega è sempre stato, fin dalla sua nascita, il problema fiscale, per dirla come loro, dei contributi pagati dai lavoratori del Nord inviati a Roma e sperperati dalle più malandate e malandrine amministrazioni del Sud, o meglio, della Terronia.
Siccome, a meno che non si risiede al Polo Nord, si è costretti, per definizione, a essere sempre dei meridionali rispetto a qualcun altro, ho ultimamente notato, come gli stessi lombardi, piemontesi o veneti, quelli abitanti di terre di confine, sono considerati dei terroni dagli stessi e più benestanti svizzeri o austriaci, i quali accusano gli italiani di rubare i posti di lavoro ai loro cittadini locali.
Tutto questo avviene, se non visto più da un punto di vista allegorico e folkloristico come spesso faccio per questo tipo annunci, in barba a un principio fondante dell’Unione Europea: quello della libertà di movimento per i lavoratori.

Ed è proprio dal punto di vista dell’Unione Europea che vi propongo questa, non più allegorica, ahimè e ahinoi riflessione:

Sappiamo che stiamo vivendo momenti di grande difficoltà: l’ambizioso progetto dell’Unione Europea e la sua sfida più importante, l’Euro, sembrano esser messi a dura prova dalla recente crisi economica e dalla ancor più recente crisi del debito sovrano.

In aggiunta, anche i principi democratici, che appartengono dalla rivoluzione francese al nostro patrimonio  culturale continentale, sono oggi minati dalle agenzie di rating.
Queste figure, per niente democratiche e esclusivamente rappresentative di interessi speculativi privati, attraverso i loro out-look, stanno tenendo in ostaggio  governi e popoli, imponendo tagli lacrime e sangue ai bilanci degli Stati, questi ultimi obbligati,  se vogliono ottenere un rating positivo per la vendita dei propri titoli di Stato (Bond, Bonos, Btp, ecc.) e tenere calme le borse.
É successo in Grecia, è avvenuto in Irlanda, Spagna, Portogallo, sta succedendo in Italia.

E tutto ciò avviene in un momento storico in cui, se tralasciamo la nostra allegorica, ma comunque potente Lega Nord, che rappresenta quasi un italiano su sette, in tutta Europa stanno riemergendo forti nazionalismi.


Vedi in Finlandia con l’ascesa dei True Finns (Veri finlandesi), ma vedi anche in Austria, Germania, Francia, Svezia, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia – che rappresentano solo un elenco incompleto dei paesi dell’Europa Occidentale, dove i partiti nazionalisti radicali e i movimenti stanno gradualmente rafforzando le loro posizioni. Quale sarebbe il futuro dell’Europa, e dell’Euro durante una crisi di questo genere? Dove si potranno trovare quei principi di solidarietà che permetteranno di ragionare sul nostro continente e sul mantenimento della sua pace, come un bene collettivo per tutto il popolo europeo? Come si potranno giustificare politiche di aiuto ai terroni europei in certi Paesi più forti economicamente? Queste sono le mie riflessioni, e mi rendo conto che è necessario, mai come in questo momento imparare dalla storia, soprattutto perché guardare indietro, questa volta, non aiuterebbe… Crisi del 1929 docet.

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