Paese democratico, il nostro, tanto che se muore un
operaio finisce in prima pagina e tutti si interrogano sul perverso meccanismo
che ne ha causato la scomparsa. Sì,
esatto: scomparsa. Siamo troppo
sensibili per l’uso di una parola terribile come morte, molto meglio un eufemismo altrimenti potremmo pensare che
davvero le persone finiscono sotto terra per essere mangiate dai batteri
aerobici e anaerobici, prima di finire nelle fauci di un lungo elenco di
insetti e vermi deputati alla bisogna.
Comunque, lasciamo perdere i dettagli: visto che bravi,
che senso civico? Un uomo sottopagato crepa sotto un traliccio del baraccone
richiesto da uno dei riti collettivi caratteristici dei nostri tempi (un
concerto della Pausini) e scoppia subito il caso, senza esitazioni e
distinzioni politiche o ideologiche. Tutti d’accordo: politici, intellettuali,
giornalisti, preti e semplici cittadini intervistati per la via; denuncia,
stupore, sconcerto, cordoglio, indignazione.
Risultato? Tra una settimana (ma che dico, un paio di
giorni) quel poveraccio sarà scomparso
per davvero (in attesa che batteri e insetti svolgano il proprio mestiere fino
in fondo) e tutti ritorneranno alle questioni serie: chi sarà a lasciare
l’Isola dei Famosi? E Buffon? Deve restare il portiere della Nazionale di
Calcio oppure essere rimosso dalla fondamentale carica istituzionale? La crisi
dell’Inter? La farfalla di Belem? Celentano?
Sì, è vero, sono un mucchio di banalità: lo sappiamo
tutti che ci sono i poveracci che scompaiono
ogni santo giorno per una manciata di euro all’ora, come sappiamo che la crisi
che ci attanaglia è dovuta principalmente al fatto che i poveri di ieri lo sono
oggi un poco meno.
Come: questa cosa è meno chiara della precedente? Non ho
capito un accidente ed è l’esatto contrario perché stiamo diventando sempre più
poveri?
Vediamo di capire bene: sappiamo che ci sono gli
immigrati senza permesso di soggiorno uccisi dai ponteggi privi delle
necessarie sicurezze, mentre impilano i mattoni (e ce ne freghiamo perché non
vanno in prima pagina)? Si!
Sappiamo che i poveri del mondo, quelli che ci portano
via il lavoro, stanno diventando meno poveri (e crepando anche loro)? No?
Eppure non è così difficile come vorremmo far credere,
perché non sono né invisibili né lontani: sono proprio là dietro la porta di casa
e sono loro, ciascuno di loro, che
sta provocando la moria delle nostre aziende, quella che tanto ci preoccupa.
Dove? Basta passare la frontiera: qualcuno ha mai sentito
parlare della Slovenia? Uno stipendio mensile di quattrocento euro è
considerato un buon affare, laddove da noi si grida (giustamente) allo
scandalo. Qualche chilometro più in là, ecco la Serbia (trecento euro e si
balla di gioia) e, se abbiamo voglia di viaggiare, possiamo spingerci fino alla
lontana India, enorme paese in crescita in cui uno stipendio mensile di
cinquanta euro è considerato una meta da sognare. Pensione, sicurezza sul
lavoro, assistenza medica, emissioni mortifere, inquinamento? Ma non diciamo
sciocchezze: tutti lussi che questa gente non pretende perché ha una storia di
fame vera dietro la schiena, parola
di cui abbiamo perso il significato e che non provoca più l’angoscia che
meriterebbe.
Per cui: di chi è la colpa della nostra crisi se non
delle persone che accettano di sopravvivere con cinquanta euro al mese per la
manifattura delle nostre camicie, scarpe, calze, telefonini, tivvù, computer, tablet e in definitiva
di tutto ciò che consideriamo essenziale per il nostro essere ciò che siamo?
Certo, la FIAT preferisce andare in Serbia che non produrre a Mirafiori, ma
solo perché nell’ex blocco socialista le persone cercano di ovviare alla
terribile micragna del passato accettando ciò che permette loro di vivacchiare
meglio di ieri: ciò che dobbiamo capire è che i pochi euro mensili dell’India
sono un miglioramento della situazione precedente, quindi, a questo mondo, c’è
chi è ben contento di guadagnarli e lo considera un indubbio progresso, un
miglioramento del proprio tenore di vita!
Sì, lo so che è difficile da credere, ma è anche la
verità. Chi ha sulla schiena un numero di lustri sufficiente per ricordare le
campagne di raccolta fondi per la fame nell’India (chissà se davvero è rimasto
nella nostra memoria collettiva, in fondo non sono passati troppi anni) non ha
difficoltà a considerare che qualunque cosa è meglio che non morire di fame, ma
non nel senso metaforico passato ormai nel nostro lessico condiviso (morto di fame è colui che non può
permettersi di spendere nel superfluo) quanto in quello letterale del termine:
non avere cibo a sufficienza per evitare di morire.
Ops! Guarda un po’ che nella foga del discorso mi è
scappata di nuovo una parolina sgradevole. Pardon, spero non accada più.
Dunque?
Che dire: seguendo il filo del discorso, parrebbe proprio
che l’operaio deceduto nell’incidente per il montaggio del palco della Pausini
l’abbia ucciso un qualche operaio indiano, ben felice di guadagnare
trentacinque euro al mese perché, se non ci fosse lui, brutto cattivo!, le
camicie ce le faremmo in Italia pagando stipendi dignitosi e gli operai che
montano i tralicci per i concerti pretenderebbero ben altre garanzie di
sicurezza, senza rischiare la vita per due soldi, costretti a farlo dalla
pressione di tutti coloro che, pur di avere uno stipendio, accettano di vendere
(a poco) la propria vita.
Provo a dirlo diversamente: abbiamo mai provato a
considerare che il nostro fratello indiano che guadagna cinquanta euro è
contento? Certo, poiché le informazioni girano, comincerà a domandarsi anche
lui se il proprio stipendio non sia un poco basso, ma per intanto sta meglio di
suo padre e, se aspira a star meglio, non si pone certo il problema del ragazzo
italiano morto sotto il traliccio. Perché dovrebbe farlo?
Così, finalmente, chiudiamo il cerchio: il ragazzo finito
sotto il traliccio l’ha ucciso un bambino di dieci anni che vive accanto ad un
telaio in un qualche luogo sperduto del medio oriente e produce tappeti di
pessima qualità per le televendite. Meno male che noi non
ci facciamo sfuggire nulla e lo mettiamo in prima pagina.
Chi, Il bambino? Ma no, accidenti, il ragazzo morto sotto
il traliccio, no? Lavorava per la Pausini, accidenti, possibile che non
l’abbiate capito?
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