mercoledì 16 maggio 2012

QUELLO CHE ANCORA NON ABBIAMO: UNA NUOVA CARTA DEI DIRITTI UMANI di Cheikh Tidiane Gaye


Era il 1789 quando, per la prima volta, si materializzò la volontà di riconoscere i diritti agli individui, ma quante carte sono state emanate nella storia dell’umanità? Parecchie.

È passato molto tempo e si continua ancora a parlare e a riflettere sulla filosofia dei diritti umani. Non si può affermare che lo sforzo non sia approdato a nulla, ma evidentemente la situazione dell’umanità e i risultati delle politiche sin qui ottenuti non fanno mancare innumerevoli dubbi.  Le stragi atroci che hanno afflitto l’umanità sono tante: la schiavitù, il colonialismo, la decolonizzazione, il genocidio ruandese, le dittature nel Terzo Mondo, il terrorismo in Medio Oriente, la guerra storica tra Israele e la Palestina, i colpi di stati orchestrati in Africa, il Terrorismo religioso … senza ovviamente dimenticare i diritti calpestati dei Migranti. Non dimentico, ovviamente, la nuova forma di schiavitù che arricchisce l’occidente. La manodopera migrante, ad esempio, è, agli occhi di tutti, la nuova forma di schiavitù. I paesi sviluppati e  industrializzati che comandano il mondo hanno un tasso di clandestinità molto elevato, per citarne alcuni, gli Stati Uniti, la Francia … I diritti dei profughi e clandestini sono negati: in alcuni stati la clandestinità è considerata un reato.

Non mi soffermo solo sul tema dell’immigrazione. Le donne soffrono, torturate e umiliate nei paesi dove governa l’estremismo islamico. Non solo, in altri paesi del mondo anche l’omofobia cresce.

Ora non possiamo più rimanere nel quadro disegnato da alcuni umanisti del passato e dai politici capitalisti odierni e continuare a consumare  teorie fiabesche. Il mondo va avanti e i legami economici, socio culturali ed etnici crescono in  modo esponenziale e sorprendente. Davanti a tale fenomeno considero ormai inefficiente l’attuale carta dei diritti umani.  L’intreccio tra le culture e l’accrescimento dei fenomeni migratori (per le persone), lo scambio economico e le meritate scoperte informatiche (internet), ci spingono a credere che l’umanità si unifica, si collettivizza per diventare un solo mondo con le sue ricchezze, sia materiali che spirituali e intellettuali, destinate ai suoi cittadini. L’andamento attuale descrive una nuova letteratura del concetto di diritti umani. Le grandi democrazie devono risvegliarsi e frenare l’onda mortale. Gli oceani e i deserti sono diventati cimiteri; nelle città metropolitane crescono i ghetti e in tanti paesi assistiamo a ribellioni, guerre, manifestazioni popolari.

Il coraggio vuole che si affermi senza paura che i diritti sono negati, calpestati e derisi. L’Africa fa fatica a rialzarsi davanti ad una mondializzazione iniqua, l’Europa vive una crisi di identità, l’Uomo non ritrova più la pace sociale tanta desiderata.

Il paradosso oscura la politica occidentale con il populismo, che non fa che accrescere discriminazione, divisione e disuguaglianza. A tale proposito il nuovo millennio segna il fallimento dei politici. L’umanità soffre di politici inadeguati. Non vi è la possibilità di percepire la vera realtà e creare una condotta per il bene dell’umanità intera. In questo momento si dovrebbe ragionare sul riconoscimento dei diritti di ciascuno di noi e non dell’emancipazione di coloro che storicamente sono oppressi e dominati. Le distorsioni sono parecchie, discorrere sempre sul tema davanti ai massacri, al sangue che inonda i nostri salotti tramite i reportage televisivi, alimenta solo l’indignazione. La Nuova Carta dei Diritti dell’Uomo avrà il compito di capitalizzare i nuovi fenomeni sociali, culturali ed economici e di non fermarsi solo sull’ “autonomia” degli individui, ma celebrare la vera essenza dell’Uomo: la sua singolarità e la sua dignità. L’ultima parola non deve essere solo la cultura e l’ origine, ma la dignità di vivere, studiare, curarsi, crescere, invecchiare insomma vivere.

Non indigniamoci quando i migranti chiedono parità di trattamento e alcuni autoctoni deridono e criticano pesantemente le nostre posizioni. Il preambolo dei diritti dell’Uomo non è stato ben ricordato ai nostri “oppressori”. Ognuno è cittadino dalla terra che lo ospita. Sembra  retorica ma è la giusta realtà. Il mondo come concepito appartiene a tutti e la rivendicazione di appartenenza ad una cultura piuttosto che ad un’altra sembra follia e inesistente. L’Uomo deve accettare la pluralità culturale come ricchezza, l’appartenenza alla propria cultura come identità e poi coniugare nello stesso tempo i due elementi per vivere nel mondo. Finché il politico, l’umanista, l’uomo in generale farà fatica ad accettare che il suo avvenire è il meticciato, sarà ovviamente difficile disegnare la vera Carta dei Diritti Umani.  Dobbiamo credere molto di più a noi stessi, all’Altro che s’identifica in noi stessi. Dobbiamo prendere coscienza che i nostri valori avranno senso solo quando gli altri daranno loro qualità. Dobbiamo infine cancellare dalle nostre mentalità che le nostre culture siano migliori e più importanti delle altre. Le società occidentali che ospitano i migranti non devono pensare solo all’aiuto, ma lavorare per far nascere un ambiente idoneo per lo sviluppo delle libertà individuali. Non chiamo questo fenomeno integrazione. Come non accetto gli aiuti umanitari dopo che mi sono state vendute le armi e acceso il fuoco.  Abbiamo il dovere di espandere la parola “libertà” in tutte le stanze della vita per vivere degnamente. Libertà vuol dire decidere, scegliere. È solo quando la libertà individuale è garantita che si può parlare di collettività, di riconoscimento e di veri Diritti. Ricordo solo che dalla nostra legittimità parte la nostra Libertà. Il non riconoscimento dei nostri diritti traduce il vero fallimento della Carta dei Diritti Umani. Questa libertà  che cerchiamo si trova, penso, nella carta Manden proclamata nel 1222 per l’incoronazione del sovrano re dell’impero del Mali, Sundjiata, che racchiude le  seguenti affermazioni:

« ogni vita è una vita »

« il torto richiede una riparazione »

« aiutatevi reciprocamente »

« veglia sulla patria »

« combatti la servitù e la fame »

« che cessino i tormenti della guerra »

« chiunque è libero di dire, di fare e di vedere »

La mia domanda è: non sarebbe meglio tornare negli anni 1222 per vivere  dignitosamente? Rivisitare la Carta dei diritti è il nostro dovere.

3 commenti:

  1. Sono pienamente d'accordo con tutta l'analisi fatta, però non sono d'accordo con la soluzione, anzi per essere precisi è una cosa di cui si può discutere ma non è una soluzione. Mi spiego: che ancora oggi ci sia un grave problema di chiusura verso i popoli di altre zone del pianeta e verso i loro usi e costumi è fuor di dubbio, è assurdo che ancora oggi si viva la cultura come una bandiera da tifare e sventolare. Rispetto al passato l'unica cosa che è cambiata è la percezione del razzismo come cosa sbagliata tuttavia questo esiste pienamente nella stragrande maggioranza della popolazione, quante volte sentiamo dire: "non sono razzista, però...." oppure quante volte sentiamo gente rivolgersi ad altri popoli con termini che celano un significato di diversità e tante volte anche inferiorità, se stiamo attenti alle parole questo accade di continuo.
    Detto questo, noi possiamo scrivere tutte le carte dei diritti che vogliamo, ma fino a quando il sentimento comune resterà questo avremmo soltanto dei fogli con delle belle parole scritte, come dei buoni propositi per il futuro, che al massimo possiamo incorniciare per ammirarle. Il cambiamento deve e non può che venire dal popolo, la battaglia deve svolgersi su questo piano.

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  2. Ottima riflessione Matti. Sono d'accordo con te, anche se - credo - l'idea che ha Cheikh di "nuova Carta dei Diritti dell'Uomo" presuppone un cambio di mentalità generale che ne sia alla base e ne faccia da fondamento. In ogni caso l'ho messo al corrente della nostra discussione e spero vivamente possa darci il suo contributo.

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  3. Naturalmente voglio precisare, non ritengo che la carta di diritti e una carta dei diritti scritta a dovere non serva a nulla. Questo assolutamente no, è una cosa importantissima, però appunto come dici tu deve essere supportato da un cambio di mentalità. Leggendo qua e la commenti vari su internet è lampante l'intolleranza. Forse la vera causa, (è una mia ipotesi molto modesta) non è neanche un senso di superiorità, quando sento parlare di questi argomenti non mi sembra di sentire un senso di superiorità. Credo che la causa sia una insensibilità al bene comune. La nostra è una società più che altro egoista, non si è disposti a cedere un qualcosa di proprio per un benessere collettivo. Al contrario invece si preferisce tenere un basso tenore di bene comune per massimizzare la propria sfera personale, o almeno è quello che si crede, visto che in realtà in questo modo ci si sta semplicemente dando la zappa sui piedi. Poi tutto questo va a ricadere sia in scelte come il divieto di circolare per le auto nel centro storico che molti vedono come una privazione quando invece ne guadagnerebbero tutti, sia in altre scelte come la costruzione di una moschea.

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