martedì 22 settembre 2009

CASILINO 900

Entro il 2010 verrà chiuso il Casilino 900, il più grande campo rom d'Italia e forse d'Europa: questa è la notizia che giunge dall'amministrazione Alemanno, sindaco di Roma. Alla fine di giugno alcune decisioni erano state accolte positivamente dalla gente del posto, tra cui il potenziamento della rete idrica e la presenza della croce rossa, ma questa arriva come un terremoro ad ingrossare le fila della già problematica immigrazione nostrana. Essa porta con sè, in primo luogo, il problema dell'alternativa riguardo il luogo di residenza di queste persone, visto che i tempi risultano essere molto stretti (entro ottobre la metà degli abitanti dovrà sgomberare) e che l'eventuale espulsione di chi non ha il permesso di soggiorno richiede invece procedure più lunghe. Inoltre sarà difficile trovare altri accampamenti che possano offrire accoglienza, poiché, quelli più vecchi e già autorizzati, contengono circa 7/8000 persone e sono sovraffollati, dunque una sovrapposizione di altre 400 (questo è il numero teorico del primo spostamento) incrementerebbe ulteriormente i problemi di sicurezza al loro interno; nè vi è tantomeno la possibilità che i rom vengano trasferiti nelle case popolari, una nota esclude in modo categorico questa opzione. Si pone, poi, il problema della scuola per i bambini che dovranno spostarsi, i quali hanno già iniziato ed un'eventuale esodo verso lidi indefiniti minerebbe i rapporti ormai consolidati con i compagni e, perché no, con le loro maestre. Al posto del campo sorgerà invece un parco pubblico, che con tutta probabilità verrà inglobato da quello già esistente del Casilino, al quale gli accampamenti sono confinanti. "qui intorno ci sono più di cento depositi di sfasciacarrozze che veramente da un punto di vista ecologico fanno schifo, invece di eliminare questa situazione smantellano il Casilino 900 e la sua comunità" dice Najo Adzovic, capo della comunità bosniaca nel campo, ai microfoni di PeaceReporter. "siamo in contatto con le università romane, con diversi architetti, professori, studenti, liberi cittadini che ci danno continuamente il loro appoggio". É sicuramente presto per valutare l'impatto che questa scelta potrà avere sulla comunità e sulle conseguenze in senso di ordine pubblico, ma una cosa è certa: un progetto di riqualificazione della zona, senza precludere per questo la residenza a centinaia di persone, sarebbe stato un passo in più verso l'offerta di condizioni di vita dignitose ai vari kosovari, macedoni, bosniaci e montenegrini che adesso si ritroveranno senza un tetto sotto il quale passare la notte.

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