giovedì 24 settembre 2009

L'INDULTO DEI RICCHI

Anche l'Associazione Nazionale Magistrati prende posizione, e lo fa contro l'ultimo provvedimento in materia economica del Governo Berlusconi, il cosiddetto "scudo fiscale", che esclude la punibilità per tutti i reati fiscali commessi al fine di evadere il fisco e trasferire il denaro all'estero, emissione di false fatture e falso in bilancio, i quali potranno dunque essere sanati con il pagamento di una somma pari al 5% dell'imposta evasa. "Il diritto penale richiede certezza ed effettività della pena, e non può tollerare un così frequente ricorso ad amnistie o sanatorie, in particolare nel settore delicatissimo dei reati economici e fiscali", queste le considerazioni dell'ANM sulla manovra. Se poi è vero, come sottolinea in risposta in Ministro della Giustizia Alfano, che "chi vuole che sia riconosciuta la sua autonomia, deve accettare che è il Parlamento sovrano che fa le leggi", è anche vero che se una decisione suscita tanta contrarietà forse qualcosa di sbagliato nel meccanismo esiste. "Si tratta di reati oggettivamente gravi - sottolinea l'ANM - puniti con una pena massima di sei anni di reclusione, per i quali lo Stato rinuncia alla punizione, in tutti i casi e indipendentemente dall'importo non dichiarato". In sintonia con le prese di posizione del Governo vi è invece Alberto Bombassei (vicepresidente di Confindustria) che, intervenendo su Canale 5, sottolinea come "lo scudo fiscale non è una cosa bella, etica o morale, ma di fatto è utile al paese e quindi non possiamo che darne un giudizio positivo". Diverse sono state le motivazioni che hanno portato il Governo, almeno in linea teorica, ad adottare questo sistema: dalla necessità di far tornare i capitali detenuti all'estero all'interno dei nostri confini nazionali, alla possibilità di combattere i tanto temuti quanto amati "paradisi fiscali", come la Svizzera e le sue banche. Per i magistrati quello che serve è una pena certa e non amnistie o sanatorie, in particolare nel settore dei reati economici e fiscali "nel quale già si sconta una situazione di illegalità diffusa e di difficoltà di accertamento. La nuova legge - conclude l'ANM - avrà come risultato l'impunità a chi ha realizzato profitti violando la legge, minando la fiducia di chi ha agito nel rispetto delle regole". Un indulto al contrario quindi, che scarcera e premia chi ha rubato al fisco ed alla collettività ingenti cifre, arrivato da una Maggioranza che ha fatto della sicurezza il suo cavallo di battaglia. Allora è utile definire meglio il concetto di sicurezza, e forse anche di giustizia, confinandolo a chi minaccia la nostra incolumità fisica arrivando in modo prepotente da altri paesi, ma non estendendolo a chi invece commette reati. I numeri poi parlano ancora più chiaro: su un milione di euro detenuto all'estero in modo illegale basterà pagarne cinquanta mila per essere considerati in regola (invece che più di duecento mila), una enorme perdita economica a discapito di scuole, redditi, posti di lavoro. Basti pensare, ad esempio, ai tagli all'istruzione che sono stati apportati dalla Gelmini-Tremonti, ed ai cinquantotto mila precari che resteranno quindi senza lavoro. Una domanda, dunque, sorge spontanea: non erano solo i clandestini a rubare il lavoro agli italiani?!

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