sabato 29 ottobre 2011

IMMIGRAZIONE: LE DIFFICOLTA' DEI GIOVANI EXTRA-COMUNITARI

Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dallo straniero almeno sessanta giorni prima della scadenza. Per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno è necessario versare un contributo compreso tra gli 80 ed i 200 euro. Il cittadino extra-comunitario senza permesso di soggiorno viene espulso per via amministrativa; se è privo di documenti, viene portato in un centro di permanenza per 60 giorni durante i quali si cerca di identificarlo. Se non si riesce ad identificarlo, gli viene intimato di lasciare il territorio italiano entro 3 giorni. Se rientra in Italia senza permesso, commette un reato.

Partendo da questi enunciati forse la prima cosa che verrebbe in mente è: “È giusto, chi non lavora e non produce è un peso per lo Stato, deve andare via”. Ma se il cittadino in questione magari ha lavorato per anni pagando regolarmente i contributi e ha sempre vissuto nella legalità? Cosa ha di diverso rispetto a un italiano? È il caso di numerosi extra-comunitari che come tutti vengono colpiti dalla crisi economica e per diversi motivi non riescono a rinnovare il permesso di soggiorno e soltanto dopo due mesi dalla scadenza non possono più rinnovarlo e vengono ufficialmente considerati “clandestini” rischiando l'immediato rimpatrio.

È il caso di M.D., 27 anni, che vive in Italia da 10, ha vissuto in tante città italiane, svolto diversi lavori, pasticcere, operaio, panettiere, con regolari contratti. Dopo dieci anni si ritrova impossibilitato a rinnovare il visto perché, come tanti giovani, non riesce a trovare un lavoro, ma soprattutto un lavoro regolare. «Sono arrabbiato con lo stato, mi vuole mandare a casa e tenersi i miei 20 mila euro di contributi che ho pagato in dieci anni». In effetti la situazione è ridicola: senza lavoro e senza soldi per campare, e in più con il rischio di essere rimpatriato. «A volte penso di mandare tutto all'aria e tornare a casa, mi sento demoralizzato, sembra che in Italia non ho costruito nulla in tutti questi anni». Anche l'effetto psicologico che questa legge ha provocato è da analizzare: uno stato che ti considera solo per quanto produci e quanto guadagni e poi promuove politiche di integrazione, cooperazione, pace, contro la diversità e il razzismo. Non ci sembra una contraddizione?

È anche il caso di L.N., 21 anni, in Italia da 5. Ha studiato e svolto diversi lavori, regolarmente. «Non ho potuto continuare gli studi perché ho dovuto iniziare a lavorare per mantenere la mia famiglia nel mio paese d'origine. Attualmente ho delle difficoltà a rinnovare il permesso. Gli italiani non sanno nulla di questa situazione, e se gliene parli ti dicono che è giusto perché noi non paghiamo le tasse, sapessero quante tasse ho pagato». Il pregiudizio nei confronti degli immigrati è un altra barriera da abbattere. Cosa significa integrazione e cooperazione? Non significa forse che se un immigrato ci espone il suo problema dobbiamo ascoltarlo e informarci? «Così come nessuno sa - continua L.N. - che i cittadini extracomunitari senza una busta paga, pagano una tassa sulle rimesse che inviano all'estero». Infatti su proposta dei leghisti è stato approvato un emendamento che impone una nuova tassa sui trasferimenti di denaro all'estero da parte di cittadini stranieri che non hanno matricola Inps e codice fiscale.

Purtroppo se un argomento non ci riguarda direttamente siamo portati a non occuparcene, con il risultato che stiamo affidando la gestione di migliaia di esseri umani che giungono qui solamente alla ricerca di condizioni di vita migliori, a un gruppo di oligarchi che affrontano il tema dell'immigrazione all'interno del “pacchetto sicurezza” al fianco del decoro urbano, della sicurezza stradale e della criminalità, considerando la vita umana al pari di un prodotto interno lordo.

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