mercoledì 15 agosto 2012

ROMPIAMO IL SILENZIO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA di Giovanni Marco Pruna



Nel tentativo di portare l'attenzione sulla delicata fase delle indagini in corso sulla cosiddetta “Trattativa”, abbiamo deciso di costruire con le parole la cornice in cui si svolgono gli odierni avvenimenti.

Innanzitutto non spenderemo il vostro tempo nel ricordare i dettagli del tema: esiste infatti una vastissima biografia cartacea* e on-line** in grado di appianare tutte le questioni “grosse”.

Mentre l'attentato di Capaci è stato in linea di massimo un atto mafioso (ponendo a latere le convergenze di intenti tra Cosanostra e i vertici USA dopo la caduta del Muro di Berlino), la strage di Via D'Amelio si colloca, come ormai ben sappiamo, in un quadro di trattativa tra i vertici delle Istituzioni Italiane e l'ala cosiddetta “moderata” della mafia Corleonese facente capo a Provenzano.

Com'era prevedibile, dopo l'apertura del processo e dopo il crollo di consensi dell'ala politica referente di Cosanostra, le indagini sulla trattativa stanno scalando la montagna di spazzatura per arrivare a toccare tutti i gangli coinvolti nell'organizzazione dell'eccidio di Paolo Borsellino e la sua scorta.

Non è un'operazione indolore: c'è tanta resistenza per via del fatto che i protagonisti politici della trattativa “se la sono cantata e se la sono suonata” promuovendosi a vicenda nei luoghi di potere più saldi che la Carta Costituzionale possa prevedere e dandosi ulteriore copertura istituzionale attraverso una produzione legislativa scellerata, un Parlamento complice e, infine, dei veri atti di depistaggio “occulto” delle indagini.

Dell'Utri, Mancino, Violante, Mori et cetera, chi al Senato, chi al CSM, chi alla Camera, chi al SISDE, tutti a ricoprire ruoli interessati dal progetto delineato dal “papello”.

È chiara quindi la fase che la procura di Palermo attraversa in questo momento, dovendo indagare su settori dello Stato che hanno la prerogativa di bloccare o inficiare le indagini stesse, e che trasversalmente abbracciano tutti poteri previsti dalla Costituzione: parlamentare, giudiziario, esecutivo e militare.

In rappresentanza della Costituzione, essi hanno quindi per garanzia d'incarico la possibilità di attaccare la Costituzione stessa bloccandone la funzione di controllo ad opera della Magistratura.

In tal senso si colloca l'iniziativa della Procura Generale della Cassazione per mettere sotto processo disciplinare il Procuratore Capo di Palermo, Francesco Messineo, e il sostituto Nino Di Matteo, rei di aver rilasciato interviste sulla famigerata intercettazione Quirinale-Mancino confermata da Loris D'Ambrosio (che altro non potrà dire in sede giudiziaria, poiché deceduto per infarto subito dopo le prime dichiarazioni). La scusa addotta per rallentare il naturale corso delle indagini è talmente palese da non meritare commenti o reazioni, se non quella di agghiacciare sapendo che la Presidenza della Repubblica (ovvero lo Stato) si arrocca dietro false questioni giuridiche per non rendere conto al suo popolo del contenuto delle intercettazioni fra Napolitano e Mancino (acquisite agli atti, ma ritenute per altro irrilevanti dalla Procura di Palermo nel quadro delle indagini sulla trattativa tra Stato e Mafia).

Per questo chiediamo a gran voce anzitutto la difesa dei PM e la garanzia che le indagini possano continuare a svolgersi senza ulteriori impedimenti, in secondo luogo che si segua il corretto iter legislativo per cui le intercettazioni vadano distrutte se totalmente irrilevanti o eventualmente impiegate in altri procedimenti.


* Montolli Edoardo, “Il caso Genchi”, Aliberti (2009)
* Lo Bianco Giuseppe, Rizza Sandra, “L'agenda nera”, Chiarelettere (2010)


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