«Il
voto è libero ma che democrazia è questa fra tanta miseria?».
Saranno quattro le tappe che Adolfo
Maria Pérez Esquivel, pacifista argentino e vincitore del premio
Nobel per la Pace, dedicherà alla sua permanenza nel Nord-Est della
penisola. Il 17, 18, 19 e 20 marzo, infatti, incontrerà la
cittadinanza rispettivamente a Sarmeola di Rubano, Abano Terme,
Padova-Vicenza e Udine per portare – nonostante i suoi ottantadue
anni – una testimonianza di pace contro le ingiustizie sociali.
Adolfo
Maria Pérez Esquivel
(Buenos
Aires, 26 novembre 1931)
ha
frequentato l'Escuela Nacional de Bellas Artes e l'Universidad
Nacional de La Plata dove è diventato architetto e scultore. Le sue
opere pittoriche e di sculture sono esposte in prestigiosi sedi
internazionali e musei. Per venticinque anni ha insegnato
architettura alle scuole secondarie e a quelle di livello accademico.
Negli anni Sessanta inizia a collaborare con alcuni gruppi pacifisti
di cristiani latinoamericani. Nel 1974 decide di lasciare
l'insegnamento per dedicarsi interamente all'assistenza ai poveri e
alla lotta contro le ingiustizie sociali e politiche, attraverso la
prassi del metodo della nonviolenza.
É
in questo momento che l'opera del premio Nobel diviene
incredibilmente attuale. Dopo il colpo di Stato di Videla, infatti,
contribuisce alla formazione de “El Ejercito de Paz y Justicia”,
un’organizzazione sociale di ispirazione cristiano-ecumenica la cui
finalità è promuovere i valori della cultura della pace e della non
violenza attiva, la risoluzione alternativa dei conflitti e la difesa
dei diritti umani. Una dittatura, quella dell'ex militare Jorge
Rafael Videla, che è tristemente riemersa nelle cronache di questi
giorni dopo l'elezione di Jorge Mario Bergoglio,
Papa Francesco I, per una sua presunta connivenza con il regime
argentino. Picchiato, torturato con le scariche elettriche, portato
sui voli della morte, Esquivel resta comunque testimone di quel pezzo
di tragica storia che conta circa 30 mila desaparecidos
e lo sterminio di migliaia e migliaia di oppositori al regime. Di
quei momenti ci racconta la biografia curata da Arturo Zilli, nella
quale si può leggere: «Restai come paralizzato, non potevo smettere
di guardare né di sentire un tremore nel profondo dell’animo
mentre le lacrime correvano sulle mie guance. “Dios no mata”,
“Dio non uccide”, era scritto con il sangue. Una donna o un uomo,
in quel momento limite della vita e della morte, nel dolore della
tortura compì un atto di profonda fede e scrisse con il suo stesso
sangue “Dios no mata”, “Dio non uccide”».
Nel
1975 viene
arrestato dalla polizia brasiliana e incarcerato in Ecuador. Solo due
anni dopo, viene fermato dalla polizia argentina che lo tortura e lo
tiene in stato di fermo per 14 mesi senza processo. Mentre si trova
in prigione, riceve inoltre il Pacem
in Terris, l'ultima enciclica di
Papa Giovanni XXIII che
– in un mondo dominato dalla Guerra Fredda e diviso
tra Capitalismo e Socialismo – verrà criticata
dagli ambienti più conservatori in quanto considerata troppo vicina
ai valori del Comunismo.
Nel
1980 viene insignito del Premio Nobel per la Pace per il suo impegno
contro le dittature, i massacri e i crimini contro l'umanità di cui
egli stesso fu vittima. Nel
1995, pubblica il libro “Caminando junto al pueblo”, nel quale
racconta la sua esperienza di vita mentre, nel 2003, diviene
presidente della “Lega internazionale per i diritti umani e la
liberazione dei popoli”.
Noi
lo abbiamo seguito nella data di Sarmeola, all’Opera della
Provvidenza di Padova per il Convegno Diocesano Missionario, di cui
vi proponiamo un breve riassunto video:
Anche
sul neoeletto Vescovo di Roma, al tempo Jorge
Mario Bergoglio,
Esquivel
non ha dubbi:
«Ci sono stati sacerdoti che furono complici della dittatura, ma non
il cardinale Bergoglio – ha detto in una intervista alla BBC – So
personalmente che molti sacerdoti chiedevano alla giunta militare la
liberazione dei prigionieri ma non venivano ascoltati». Il
riferimento è ovviamente al presunto legame con la dittatura
argentina, sostenuta da alcuni critici del nuovo pontefice e
documentata all'interno de “L’isola del silenzio. Il ruolo della
Chiesa nella dittatura argentina” - del giornalista argentino
Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più
tragico del paese sudamericano - in cui si cerca di ricostruire gli
eventi storici di quei tragici anni attraverso ricerche serie e
attente.
Fonti:
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