lunedì 18 marzo 2013

“DIOS NO MATA”: IL PREMIO NOBEL PER LA PACE, ADOLFO MARIA PEREZ ESQUIVEL



«Il voto è libero ma che democrazia è questa fra tanta miseria?».

Saranno quattro le tappe che Adolfo Maria Pérez Esquivel, pacifista argentino e vincitore del premio Nobel per la Pace, dedicherà alla sua permanenza nel Nord-Est della penisola. Il 17, 18, 19 e 20 marzo, infatti, incontrerà la cittadinanza rispettivamente a Sarmeola di Rubano, Abano Terme, Padova-Vicenza e Udine per portare – nonostante i suoi ottantadue anni – una testimonianza di pace contro le ingiustizie sociali.

Adolfo Maria Pérez Esquivel (Buenos Aires, 26 novembre 1931) ha frequentato l'Escuela Nacional de Bellas Artes e l'Universidad Nacional de La Plata dove è diventato architetto e scultore. Le sue opere pittoriche e di sculture sono esposte in prestigiosi sedi internazionali e musei. Per venticinque anni ha insegnato architettura alle scuole secondarie e a quelle di livello accademico. Negli anni Sessanta inizia a collaborare con alcuni gruppi pacifisti di cristiani latinoamericani. Nel 1974 decide di lasciare l'insegnamento per dedicarsi interamente all'assistenza ai poveri e alla lotta contro le ingiustizie sociali e politiche, attraverso la prassi del metodo della nonviolenza.

É in questo momento che l'opera del premio Nobel diviene incredibilmente attuale. Dopo il colpo di Stato di Videla, infatti, contribuisce alla formazione de “El Ejercito de Paz y Justicia”, un’organizzazione sociale di ispirazione cristiano-ecumenica la cui finalità è promuovere i valori della cultura della pace e della non violenza attiva, la risoluzione alternativa dei conflitti e la difesa dei diritti umani. Una dittatura, quella dell'ex militare Jorge Rafael Videla, che è tristemente riemersa nelle cronache di questi giorni dopo l'elezione di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco I, per una sua presunta connivenza con il regime argentino. Picchiato, torturato con le scariche elettriche, portato sui voli della morte, Esquivel resta comunque testimone di quel pezzo di tragica storia che conta circa 30 mila desaparecidos e lo sterminio di migliaia e migliaia di oppositori al regime. Di quei momenti ci racconta la biografia curata da Arturo Zilli, nella quale si può leggere: «Restai come paralizzato, non potevo smettere di guardare né di sentire un tremore nel profondo dell’animo mentre le lacrime correvano sulle mie guance. “Dios no mata”, “Dio non uccide”, era scritto con il sangue. Una donna o un uomo, in quel momento limite della vita e della morte, nel dolore della tortura compì un atto di profonda fede e scrisse con il suo stesso sangue “Dios no mata”, “Dio non uccide”».


Nel 1975 viene arrestato dalla polizia brasiliana e incarcerato in Ecuador. Solo due anni dopo, viene fermato dalla polizia argentina che lo tortura e lo tiene in stato di fermo per 14 mesi senza processo. Mentre si trova in prigione, riceve inoltre il Pacem in Terris, l'ultima enciclica di Papa Giovanni XXIII che – in un mondo dominato dalla Guerra Fredda e diviso tra Capitalismo e Socialismo – verrà criticata dagli ambienti più conservatori in quanto considerata troppo vicina ai valori del Comunismo.

Nel 1980 viene insignito del Premio Nobel per la Pace per il suo impegno contro le dittature, i massacri e i crimini contro l'umanità di cui egli stesso fu vittima. Nel 1995, pubblica il libro “Caminando junto al pueblo”, nel quale racconta la sua esperienza di vita mentre, nel 2003, diviene presidente della “Lega internazionale per i diritti umani e la liberazione dei popoli”.

Noi lo abbiamo seguito nella data di Sarmeola, all’Opera della Provvidenza di Padova per il Convegno Diocesano Missionario, di cui vi proponiamo un breve riassunto video:


Anche sul neoeletto Vescovo di Roma, al tempo Jorge Mario Bergoglio, Esquivel non ha dubbi: «Ci sono stati sacerdoti che furono complici della dittatura, ma non il cardinale Bergoglio – ha detto in una intervista alla BBC – So personalmente che molti sacerdoti chiedevano alla giunta militare la liberazione dei prigionieri ma non venivano ascoltati». Il riferimento è ovviamente al presunto legame con la dittatura argentina, sostenuta da alcuni critici del nuovo pontefice e documentata all'interno de “L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina” - del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del paese sudamericano - in cui si cerca di ricostruire gli eventi storici di quei tragici anni attraverso ricerche serie e attente.

Fonti:

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