sabato 2 marzo 2013

VERDE di Valentino Cocco



Se è vero che inconsciamente attribuiamo al colore verde il simbolo della speranza, chi progettò l’ospedale non doveva essere un grandissimo esperto in comunicazione. La speranza dev’essere ultima a morire, non a illuderti. Che senso aveva colorare tutta la stanza di verde? Lenzuola, tavolo, sedie e perfino il cestino della pattumiera. Dottore, notai gli occhi del vecchio mentre stringeva la mano alla moglie, mentre le accarezzava i capelli, mentre le domandava senza ricevere risposta, perché non mangi? Perché, amore, ti rifiuti di capire che prima guarirai e prima potrai tornare a casa con me? Non lo vedi che mi fa male vederti cosi? Ci credeva davvero il povero vecchio. Era seriamente convinto di ritornare a casa insieme alla moglie e di potersi prendere cura di lei. Perché nascondere al vecchio che sarebbe tornato a casa da solo, invece? Dottore, la prego, guardi fuori: piove! Ma lei crede davvero che il cielo stia piangendo per lui? Non cerchi di illudere anche me. Il tempo non si è mai curato dei sentimenti. La povera donna su quel letto sta per andarsene. E la cosa peggiore è che quel povero vecchio... il povero vecchio si ritroverà solo in questa stanza dipinta di verde. Qualcuno con un camice verde butterà nel cestino un succo di frutta appena iniziato in un cestino verde. Qualcun altro cercherà di sollevare il povero anziano che, a peso morto, abbraccerà per l’ultima volta la sua amata avvolta da un lenzuolo verde. Qualcun altro ancora, dottore, dovrà aprire le ante verdi di quell’armadietto e fare spazio a nuove speranze o nuove illusioni. Ogni giorno in questo ospedale, dottore, muoiono delle persone. E mentre certi di loro se ne vanno portando con sé delle risposte, altri ritornano a casa propria, straziati da delle domande. Chi si prenderà cura di quest’ultimi, dottore?

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