mercoledì 27 febbraio 2013

PROCESSO VITTORIO ARRIGONI: SENTENZA DI APPELLO (FEBBRAIO 2013)


Il 17 settembre 2012 il Tribunale Militare di Gaza City aveva emesso la sentenza del processo per il rapimento e l'uccisione di Vittorio Arrigoni. La Corte aveva ritenuto Mahmoud Salfiti e Tamer Hasasnah colpevoli di rapimento e di omicidio premeditato ed erano stati condannati entrambi all'ergastolo con lavori forzati. Khader Jram, vigile del fuoco e vicino di casa "amico" di Vik , riconosciuto colpevole di aver fornito informazioni decisive ai rapitori sui movimenti di Vittorio a Gaza, era stato condannato a dieci anni di carcere con lavori forzati. Amr Abu-Ghoula, accusato di un reato minore - aver fornito alloggio agli assassini in fuga - era stato condannato ad un anno di carcere: pena non scontata, visto che già all'inizio del processo era stato scarcerato - con l'obbligo di presentarsi alle udienze - ed aveva fatto perdere le sue tracce. Gli altri due imputati, il giordano Rahman Breizat ed il palestinese Bilal al-Omari - ritenuti rispettivamente il capo e il vice della cellula presunta salafita che aveva organizzato il sequestro di Vittorio - erano rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con gli agenti delle forze governative di Hamas precedente l'arresto dei sequestratori. Della loro versione dei fatti non si è potuto perciò sapere niente.

Improvvisamente, a metà febbraio, il Centro Palestinese per i Diritti Umani di Gaza ha informato il legale della famiglia Arrigoni, l'avvocato Gilberto Pagani, che domenica 17 febbraio sarebbe iniziato il processo di appello per Mahmoud Salfiti e Tamer Hasasnah e domenica 24 febbraio il processo di appello per Khader Jram. L'udienza del 17 febbraio è stata poi rinviata a martedì 19 febbraio a causa di uno sciopero degli avvocati di Gaza.

L'Alta Corte Militare ha accolto il ricorso presentato dagli imputati, ritenendoli adesso colpevoli solo di rapimento e riducendo la pena di Mahmoud Salfiti e di Tamer Hasasnah dall'ergastolo con lavori forzati a 15 anni di carcere. Secondo Michele Giorgio de Il Manifesto, questo potrebbe significare che tra buona condotta e ulteriori sconti nel giro di due-tre anni potrebbero tornare in libertà.

Domenica 24 febbraio è stata ridotta la pena anche per il terzo condannato, Khader Jram, da dieci a cinque anni di carcere.

É giusto che siano stati garantiti tutti i diritti degli imputati. Creano sconcerto, tuttavia, le modalità con cui le autorità giudiziarie di Gaza hanno nuovamente affrontato il processo. Si è appreso soltanto martedì che l'Alta Corte Militare si era riunita già dieci volte prima di emettere la sentenza di appello, senza che se ne sapesse niente; non è un caso che l'udienza del 19 febbraio sia durata soltanto pochi minuti, era stato deciso già tutto in precedenza. Singolare poi che a richiedere la riduzione di pena sia stato lo stesso procuratore militare che a settembre aveva invocato ed ottenuto l'ergastolo. Rimangono, inoltre, due punti oscuri principali: chi fosse realmente il giordano Breizat e perché Bilal Omari e Khader Jram, pur conoscendo personalmente Vik, avessero agito a volto scoperto. Avevano deciso di uccidere Vik comunque?

É probabile che sulla sentenza di appello abbiano influito le forti pressioni dei famigliari degli imputati. Imputati che non si sono mostrati per niente pentiti: "Ridevano e guardavano con sfida gli internazionali presenti, in attesa della sentenza che probabilmente già conoscevano" (Meri Calvelli, cooperante italiana a Gaza presente al processo).

Il Governo italiano, come per tutta la durata del primo grado del processo, non si è espresso, ufficialmente perché non riconosce il governo di Hamas. Va detto, tuttavia, che la figura più misteriosa del sequestro, Rahman Breizat, è giordano e non risulta ci siano tensioni diplomatiche tra Italia e Giordania.

Resta una sensazione molto amara per chi chiedeva la verità riguardo alla morte di Vittorio.

Sono le parole della sorella di Vittorio, Alessandra Arrigoni, a ricordarci quale sia l'eredità di Vittorio da portare avanti: "Andiamo oltre la sentenza e continuiamo a ricercare ciò che Vittorio avrebbe voluto, quell'utopia irrealizzabile di pace e giustizia che un giorno, forse tra cent'anni, si realizzerà... In me non c'è rabbia, odio nei confronti degli assassini di mio fratello. Ho perdonato questi ragazzi e spero che le loro mani, sporche ancora e per sempre del sangue di mio fratello, possano generare vita".

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