venerdì 6 luglio 2012

CARCERE DI MACOMER: SOVRAFFOLLAMENTO E DIRITTI NEGATI


«Un carcere di soli uomini e sovraffollato, trasformato in un forno insopportabile dal caldo estivo. Nelle celle che possono ospitare due detenuti, attualmente vengono ristretti in tre, con l'aggiunta di un letto a castello. Turnazioni pesanti e irregolari da parte del personale».

Sono queste le condizioni in cui versa il carcere di Macomer, di recente visitato da Claudia Zuncheddu, consigliera regionale di Sardigna Libera, Sulaiman Hijazi - portavoce della comunità mussulmana - e Roberto Loddo, dell’associazione “5 Novembre”. Il carcere di Macomer è infatti comunemente considerato un carcere punitivo da parte di molti detenuti, ex detenuti e osservatori del mondo della comunità penitenziaria, tanto da aver destato l’interesse della piccola delegazione.
Il carcere ospita 80 detenuti comuni (il 60% è di origine migrante, in prevalenza dell'est Europa), di cui quattro accusati di terrorismo internazionale e suddivisi in celle singole nell'ala separata chiamata “AS2” (Alta Sorveglianza). La prigione è stata anche scenario di alcuni tentativi di rivolta e momenti di tensione tra gli agenti di polizia penitenziaria e i detenuti di religione islamica nel giugno 2009 e nel febbraio 2012. In particolare, l’episodio di giugno ha avuto come protagonista un giovane detenuto di nazionalità rumena - precedentemente detenuto a Sassari e inviato a Macomer in quanto è presente anche il fratello - che avrebbe cercato di conficcarsi un pezzo di forchetta nella testa come estremo gesto di protesta. Nonostante ciò, sono attualmente 14 i detenuti coinvolti in due progetti di lavoro all'esterno: corsi di formazione professionale per ristorazione e giardinaggio. Inoltre - da un confronto con la direzione e il personale del carcere - emerge che il problema del personale sottodimensionato (problema certamente più accentuato in molte altre carceri italiane) a Macomer è ancora tollerabile e gestibile. Non sono particolarmente rilevanti le percentuali riguardanti detenuti che vivono l'esperienza della sofferenza mentale, della tossicodipendenza, della doppia diagnosi e dell'Hiv. Anche a Macomer però stenta a decollare l'applicazione della riforma sanitaria, in quanto il principio costituzionale della tutela alla salute non viene ancora rispettato e il cittadino detenuto continua ad avere una disparità di trattamento rispetto al cittadino libero. Da sottolineare ancora la violazione del “principio di territorialità della pena”: sono numerosi i detenuti sardi, in esecuzione di pena o in attesa di giudizio, rinchiusi nelle carceri della penisola; a Macomer, invece, sono numerosi i detenuti che vengono trasferiti nell'istituto in assenza di famiglia e considerati “non più gestibili”.

Nessun commento:

Posta un commento