domenica 29 luglio 2012

CORRERE SENZA FRONTIERE: LE OLIMPIADI DI GUOR MARIAL


Immaginate un atleta alle Olimpiadi correre senza bandiera e senza inno nazionale. Impossibile, direte voi. Invece è la storia di Guor Marial, 28 anni, rifugiato sud sudanese che vive a Concord (New Hampshire, USA) da quando la lunghissima guerra civile ha bagnato di sangue il suo Paese. 

Scappato da casa alla tenera età di 8 anni con una mandibola fratturata a causa del pestaggio di alcuni soldati nel suo villaggio, Guor ha perso tutta la sua famiglia nei feroci scontri di Khartoum che si sono protratti per trentanove anni mettendo in ginocchio il suo popolo.

«Mi sono nascosto in una grotta sino all’alba, poi ho preso a correre seguendo la luce del sole».

Laureato all'Università dell'Iowa con una borsa di studio per le sue doti atletiche, il campione non avrebbe potuto partecipare ai giochi di Londra per via del fatto che la sua terra natia – il Sud Sudan – si è resa indipendente dal resto del Sudan nel gennaio 2011 e non ha presentato alcuna squadra alla manifestazione olimpionica. Viste le sue capacità, la proposta di partecipare come parte della squadra del Sudan non si è fatta attendere.



«Per me rappresentare il Sudan è una mancanza di rispetto verso il mio paese prima di tutto, per la mia gente e per chi è morto per la libertà».

Con queste parole Guor Marial ha deciso di rifiutare la prima candidatura.

La seconda proposta è arrivata attraverso l’attivismo del Refugee International e  del senatore del New Hampshire, Jeanne Shaheen, che ha inviato personalmente una lettera all’IOC (International Olympic Committee) chiedendo che Guor venisse ammesso sotto il patrocinio della bandiera americana, pur senza la nazionalità ma in possesso della sola green card e del permesso di residenza.


Forse è stata proprio l’attenzione mostrata su di lui che ha permesso all’atleta di poter accettare la terza ed ultima offerta, arrivata proprio dall’IOC, di gareggiare come indipendente, rappresentando solo se stesso.

«È molto importante per me – ha dichiarato – poter partecipare ai Giochi. E lo è ancor di più farlo per la gente della mia nazione che ha lottato tanto. Così se riuscirò ad ottenere qualche buon risultato, potrei aiutarli. Questo è il motivo per cui ogni giorno indosso le scarpette e vado ad allenarmi. A Londra la voce del popolo del Sudan del Sud potrà essere ascoltata e così anche la nostra nazione finirà sotto i riflettori. Anche se non potrò gareggiare per la mia bandiera, sarà come se lo facessi. Per i mie connazionali sarà molto importante vedermi partecipare da ‘indipendente’ perché vorrà dire che il sogno di uno stato libero è divenuto realtà».

Marial, però, non è solo: con lui ci sono altri tre sportivi senza una bandiera, il velocista Churandy Martina, il nuotatore Rodion Davelaar e il tiratore Philip Elhage. Tutti e tre originari delle Antille Olandesi che adesso non esistono più. Vi sono anche dei precedenti storici: nel 1992 alle Olimpiadi invernali di Francia e a quelle estive di Barcellona gli atleti dell' ex Unione Sovietica avevano indossato le divise olimpiche del Unified Team, e nel 2000 a Sidney gli atleti di Timor Est erano stati autorizzati a partecipare come indipendenti vestendo semplici divise bianche.

«La mia partecipazione è una cosa bellissima – dice Guor – dà speranza soprattutto ai ragazzi. Perché tutte le persone che sono morte per la guerra d’indipendenza non lo abbiano fatto invano. E questo include anche 28 membri della mia famiglia».

Ed è possibile che questa sia, indipendentemente da come andrà, la sua prima medaglia d’oro.

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