mercoledì 20 marzo 2013

SAMER ISSAWI E LA MADRE: DUE NUOVE LETTERE


Riportiamo il contenuto della lettera che Samer Issawi, prigioniero palestinese in sciopero della fame da oltre 230 giorni, di cui già avevamo parlato in un recente post, ha fatto divulgare attraverso la pagina Facebook del suo avvocato.

In merito all'offerta degli occupanti israeliani di deportarmi a Gaza, dico che Gaza è una parte indiscutibile della mia patria e la sua gente è la mia gente. Tuttavia, visiterò Gaza quando lo vorrò perché sento che è parte della mia patria, la Palestina, dove ho il diritto di viaggiare quando voglio dal profondo Nord al profondo Sud. Rifiuto con forza di essere deportato a Gaza perché questa è una pratica che riporta alla mente le espulsioni che noi palestinesi abbiamo dovuto subire nel 1948 e nel 1967.

Lottiamo per la libertà della nostra terra e il ritorno dei nostri rifugiati in Palestina e in esilio, non per aggiungere altri deportati. Questa pratica sistematica attraverso cui Israele punta a svuotare la Palestina dai palestinesi e sostituirli con stranieri è un crimine. Per questo, rifiuto di essere deportato e accetterò solo di essere liberato a Gerusalemme perché so che l'occupazione israeliana intende svuotare Gerusalemme dalla sua gente e trasformare gli arabi in una minoranza della sua popolazione. La questione della deportazione non è una decisione personale. È un principio nazionale. Se ogni detenuto accettasse sotto pressione di essere deportato fuori da Gerusalemme, Gerusalemme sarà svuotata della sua gente.


Preferisco morire nel mio letto di ospedale che essere deportato fuori da Gerusalemme. Gerusalemme è la mia anima e la mia vita. Se dovessi essere sradicato da lì, la mia anima sarebbe sradicata dal mio corpo. La mia vita non ha senso lontano da Gerusalemme. Nessuna terra al mondo sarà in grado di accogliermi come Gerusalemme, Per questo, ritornerò a Gerusalemme e in nessun altro luogo. 

Avverto tutti i palestinesi di dedicarsi alla loro terra e ai loro villaggi e di non soccombere mai ai voleri dell'occupazione israeliane. Non ritengo la questione una causa personale, relativa a Samer Issawi. È una questione nazionale, un dovere e un principio che ogni palestinese che ama il suolo sacro della sua patria dovrebbe avere a mente. In fine, riaffermo migliaia di volte che continuo il mio sciopero della fame fino alla libertà e al ritorno a Gerusalemme o al martirio.


Anche la madre, Laila Tariq Issawi, si è rivolta al Presidente degli Stati Uniti Barak Obama - in visita in questi giorni in Israele e nei Territori Occupati - per chiedere un intervento immediato che possa salvare la vita di Samer.

«Io sono la madre di Fadi, che fu assassinato da Israele nel 1994 nella primavera della sua vita, sono la madre di Midhat che è anche lui nelle carceri israeliane, sono la madre di Ra'fat al quale Israele ha demolito la sua casa e lasciato la famiglia senza fissa dimora, sono la madre di Shireen, Firas e Shadi che non hanno potuto evitare ripetutamente carcere e tortura.

Siamo una famiglia che Israele priva di acqua e che ci avrebbe privato anche di cibo e medicine se solo potesse.

Voi, che arrivate da terra di pace, dopo essere stato incoronato con un premio Nobel per la Pace e che attraverso i lunghi quattro anni di presidenza non siete riuscito a realizzare un progetto di pace o indignarvi, questa è la vostra occasione per salvare Samer dai denti di questa brutale occupazione, in modo da non chiedersi con altri milioni di persone in tutto il mondo: perché sei venuto da noi?

Vi prego di accettare il mio saluto».



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